Agalmatofilia – Il sublime candore dell’eros marmoreo – Gerald Bruneau

Spazio The Language Center #B – Via Giuseppe Mazzini 18
Orario mostra: 11:00 – 13:00 / 16:30 – 20:00
Chiuso lunedì e martedì mattina

AGALMATOFILIA – IL SUBLIME CANDORE DELL’EROS MARMOREO
Géraphin Brunur

Agalmatofilia è parola che deriva dal greco e che significa l’attrazione, anche sessuale, verso oggetti inanimati antropomorfi. In queste fotografie di Bruneau, il marmo delle statue diventa carne, l’opera d’arte diventa oggetto del desiderio, l’icona diventa feticcio.

Se il Buonarroti martellò invasato (e il Vasari ne arrotò il martello) sul ginocchio del Mosé che immobile e beffardo gli negava la voluttà dei sensi, la spiegazione c’è, e risiede non nell’urto antagonista con la Fede (benché sì sa, Mosé decalogò i divieti e i vieti crimini nella pietra anch’egli come Michele Agnolo scolpì), ma nell’estasi dell’Eros che si libra nel fulgido mistero della mimesi: perché la forma umana reca in sé l’essenza, e l’anima si annida nell’imago, e fa vertigine di ciò che in apparenza altro non è che marmo. Magia immaginifica dell’inanimato, sogno indefinito del possesso candido d’un inarrivabil sesso, rivelazione di come il turgore statuario sia un richiamo incendiario, che si presta, docile e iperuranio, ad instillar nel cranio di chi rimira un virus d’attrazione insensata dei sensi, che fantasizzano densi su questa dolce satrapia: il suo nome è Amalgatofilia. E così Bruneau, il piè sospinto d’amore del fétiche, di epoche e di stili fa un pastiche, dove Paolina allude dalle sue nude forme alla perversa, immobile empietà di una sottaciuta promiscuità, dove con la dolcezza d’un figlio che dorme Jehoshua Bar Joszef detto il Cristo, figlio d’angeliche rivelazioni, giace edipico nel grembo della (Grande) Madre: e le (em)pie donne, scortate dal fiato inabissato dei due Bronzi, relitti di viaggi inframarini la cui virilità s’arresta di fronte alla foresta dei segni e dei sogni che la mano (im)pietosa del fotografo dissemina sfatando, dalle candide carni dal tempo incorrutibili diventano i sogni infrangibili d’un naufragio (fotografico) che è distruzione, rinascita, plagio. Ci vuol coraggio nella religazione, che la sacralità del corpo che s’infiamma sia trasfusa nel pout-pourri delle epoche in una inenarrabile epoché: Bruneau è lo spettro che s’aggira tra i marmorei sembianti e ispira l’egira pop dalla mecca del museo, verso un sensuale gineceo scortato da guerrieri migranti: che mostra sia, e fuori delle carceri turistiche, delle miserrime mistiche di storici dell’arte, in nuove cabale e guise le mimetiche presenze oltre la storia conducono, laddove il corpo cede a quel candore, e i sensi ingoiano le more ingannevoli del tempo.

Protagonista
Gerald Bruneau

Gerald Bruneau è nato a Montecarlo nel 1947.

Dopo gli inizi nel cinema e nella musica, come attore e come tecnico delle luci per concerti, si dedica alla fotografia. Nel 1974 si trasferisce a New York dove lavora come fotografo nelle mostre di pittura della Factory di Warhol. Nel 1978 torna in Italia dove continua la sua attività di ritrattista, e comincia anche a dedicarsi al reportage sociale. Dal 1989 è uno dei fotografi dell’Agenzia Grazia Neri con cui collabora fino alla sua chiusura, nel 2009, realizzando copertine e servizi per le più importanti testate italiane e internazionali. Oggi continua a collaborare con i giornali ed è tornato alla fotografia d’arte.

https://it.wikipedia.org/wiki/Gerald_Bruneau


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