La realtà immaginaria di Paolo Ventura

Immagine tratta dalla serie Collage – © Paolo Ventura

La Galerie XII di Los Angeles dedica una mostra a Paolo Ventura, l’artista italiano che nelle sue opere unisce pittura e fotografia creando storie ispirate dal suo subconcio e dai suoi ricordi. Il titolo della mostra è An Invented World, e consiste in una selezione dei suoi ultimi lavori più qualche inedito.

Nato a Milano nel 1968, dopo essersi diplomato all’Accademia di Brera, Paolo Ventura inizia come fotografo di moda. La notevole libertà creativa che questo lavoro permette non gli basta, perché, come spiega in un’intervista, è un lavoro d’équipe dove è essenziale l’apporto di ogni collaboratore, dal truccatore, allo stilista, alla modella, al grafico… Lui invece cerca un modo per potersi esprimere autonomamente, forse motivato anche dal fatto di essere figlio di un illustratore autore di favole per bambini, Piero Ventura, e fratello gemello di un pittore, Andrea. Nella sua famiglia tutti disegnano, mentre non sanno nulla di fotografia. Ed è nella la fotografia che Paolo trova uno spazio tutto suo.

Ma la sua fotografia fa parte di un procedimento più complesso, fatto anche di disegno, costruzione manuale, pittura…

Quando lascia il mondo della moda e si trasferisce per una decina d’anni a New York, nel suo studio di Brooklyn costruisce dei diorami, piccole scene in miniatura ispirate ai racconti della nonna sulla seconda guerra mondiale, e li fotografa. Le immagini finali compongono la serie War Souvenir. Questo lavoro del 2005 ha da subito un grande successo e viene esposto a Les Rencontres de la Photographie di Arles del 2006 e in altre sedi prestigiose.

Paolo Ventura usa una tecnica minuziosa, progetta gli spazi, li disegna e li ricrea con materiali di recupero, spesso trovati nei mercatini dell’usato, popolandoli con oggetti e personaggi costruiti anch’essi in modo estremamente realistico. La fase finale consiste nel fotografare queste scene, di solito sfruttando con sapienza la luce ambiente. Se lavora in uno spazio ridotto e nelle fotografie della scena rientrano oggetti o elementi presenti nello studio, li elimina con la pittura. Così piano piano, quegli oggetti disposti sul suo tavolo si trasformano in luoghi abitati. Così finti, da essere veri.

Le sue fotografie si collocano tra l’immaginario e la realtà. La foto finale serve, come dice lui stesso, a testimoniare che lui in quel luogo c’è stato davvero. Il luogo è frutto della sua fantasia, ma è vero, è stato costruito realmente e la fotografia che lo riprende conserva il suo ruolo di testimonianza.

La serie Winter Stories, che è anche un volume pubblicato da Aperture, si basa sullo stesso procedimento e anch’essa si alimenta di ricordi. Queste immagini, realizzate tra il 2007 e il 2009, rievocano i paesaggi dell’infanzia trascorsa in zona Fiera a Milano, là dove a metà degli anni ’70 la città finiva e iniziava la campagna. Riprendono l’atmosfera degli inverni freddi e nebbiosi di quand’era bambino, quando a Natale  arrivava il tendone di un piccolo circo con i suoi personaggi fiabeschi. 

Seguono altre serie dove Paolo Ventura continua ad unire varie tecniche – disegno, pittura, fotografia, collage -, mentre il suo successo cresce, collabora con gallerie americane e italiane e le sue opere entrano in collezioni private e nei musei, come il MART di Rovereto, il Museum of Art and Design di New York, o la Maison Européenne de la Photographie di Parigi. Nel 2011 espone nel Padiglione Italia della Biennale di Venezia. La passione e il talento per la messa in scena lo portano al Teatro. È costumista e scenografo in opere come Carousel di Rodgers e Hammersteinper al Teatro dell’Opera di Chicago nel 2014,  o Pagliacci di Leoncavallo, con la regia di Gabriele Lavia al Teatro Regio di Torino nel 2016.

Ma anche nelle sue opere comincia a lavorare in grande scala, e non più solo con i modellini dell’inizio, realizzando fondali a grandezza naturale. Questo diventa possibile soprattutto da quando, nel 2010, torna a vivere in Italia tra Milano e le colline di Anghiari, vicino ad Arezzo, dove dispone di un grande studio. Qui nascono e vengono fotografate le sue Short Stories, pubblicate nel 2016. Così invece dei piccoli pupazzi dell’inizio, fotografa persone reali: lui stesso, suo fratello gemello Andrea, la moglie Kim o il figlio Primo. Ognuno si presta a interpretare il suo mondo in immagini oniriche e surreali. 

Funamboli, maghi, giocolieri, soldati, cacciatori… i personaggi della sua infanzia popolano tutta la sua opera. Lui stesso dichiara in un’intervista che fotografare il presente non gli interessa. Le sue foto potrebbero essere del Novecento o del futuro, non è importante. Anzi, questo lo aiuta piuttosto a staccarsi dalla contemporaneità, ad essere libero, senza pregiudiziali politiche legate all’attualità. Ribadisce che il mondo dell’immaginario si forma nella prima infanzia e ci si guarda indietro per il resto della vita. Le immagini più interessanti sono dentro, non fuori di noi.

E non è forse questa in qualche modo una mise en scène dello status della fotografia in generale, che registra il reale inevitabilmente attraverso il mondo interiore del fotografo?

La mostra che gli organizza ora la  Galerie XII di Los Angeles include il suo terzo lavoro, Behind the Walls del 2011, il primo in cui comincia a inserire se stesso nelle sue opere, una selezione dei suoi autoritratti tratti dalla serie Short Stories (2012-2015), la serie Collages (2017-2019), la serie di piccoli diorami Morte e Resurrezione #2 e un’opera tridimensionale inedita, realizzata a partiredalle sue Paper Sculptures, alcune figurine di carta che lo ritraggono in vari travestimenti, utilizzate in diverse sue creazioni.

Galerie XII
6150 Wilshire Blvd., Los Angeles
Paolo Ventura, An Invented World
18 gennaio – 14 marzo 2020

Short Stories, The Magician – © Paolo Ventura
Immagne tratta dalla serie Winter Stories – © Paolo Ventura
Immagne tratta dalla serie Winter Stories – © Paolo Ventura
Immagine tratta dalla serie War Souvenir – © Paolo Ventura
Immagine tratta dalla serie War Souvenir – © Paolo Ventura

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