Le metafotografie di Hideyuki Ishibashi

Hideyuki Ishibashi è un artista e che crea immagini assemblando pezzi di altre immagini: vecchie foto trovate nei mercatini, cartoline, scatti presi dal web…

Non è certo una novità. Utilizzare oggetti esistenti per farne un’opera è una vecchia storia. Padre di tutto questo è il solito Duchamp. È lui che ha introdotto nell’arte il concetto di ready-made, di oggetto già pronto da collocare in un altro contesto rispetto a quello per cui era stato prodotto. Il suo famoso orinatoio esposto come opera d’arte ha fatto scuola.
In particolare, molti artisti hanno collezionato, riutilizzato, reinterpretato immagini già esistenti. Dal détournent dei situazionisti, ai loghi e ai fumetti della Pop Art, ai poster graffiati di Mimmo Rotella e via continuando sulla ormai lunga strada dell’arte contemporanea.
Nell’ambito della fotografia, questa tendenza si è imposta soprattutto a partire dagli anni Novanta del Novecento, per poi esplodere con la rivoluzione digitale, Internet e la conseguente facilità di diffusione e riproduzione delle immagini, spesso anonime. C’è chi le ripropone senza alterarle, chi le fa entrare in composizioni, installazioni, rielaborazioni ecc.

Ishibashi si inserisce dunque in questa corrente, con una particolarità. Come già detto, mette insieme vecchie fotografie trovate nei mercatini dell’usato, cartoline postali, scatti tratti da Google Street View e immagini anonime prese dal web, ma cancellando con cura tutte le tracce della loro fusione. Anche la polvere, le gocce d’acqua e i riflessi catturati durante la scansione si accumulano e producono effetti particolari. Dopo aver completato le correzioni per unire i pezzi del mosaico, inizia a emergere una nuova immagine, che assume un’esistenza propria e sembra una vera fotografia.

Su questa operazione si fonda il suo primo lavoro, Présage, esposto per la prima volta a Tokyo nel 2013 e riproposto recentemente a Parigi dalla Galerie Thierry Bigaignon. Queste « fotografie », che in realtà sono il risultato di un meticoloso lavoro di post produzione, sono piuttosto delle meta-fotografie, immagini con cui Ishibashi vuole far riflettere sulla fotografia stessa, sull’atto del vedere e la sua ambiguità.

Infatti, partendo dalla considerazione che oggi con la diffusione dei telefonini dotati di fotocamera siamo sommersi da una pletora di fotografie alle quali prestiamo sempre meno attenzione, l’artista si sofferma sulla natura dello sguardo con cui ci rapportiamo all’immagine. Ne risulta che l’atto di vedere « le cose come sono » non è così semplice come sembra e che le fotografie che vediamo ogni giorno sono frammenti di immagini che si imitano tra loro. Ogni immagine acquista un senso perché è una proiezione di immagini già viste altrove e in altri momenti. Secondo Ishibashi la fotografia stessa non ha un senso definito né unità storica, ma produce senso soltanto quando è duplicata e replicata.

In Présage, l’artista riproduce fisicamente questo processo mentale, partendo dai suoi sogni. Ogni mattina ha disegnato ciò che ricordava delle sue visioni oniriche, per poi cercare immagini anonime che, frammentate e collegate insieme potessero rappresentarlo. Attraverso la fusione di questi pezzi di immagini dissociate dal loro significato precedente, crea un nuovo significato. È una immagine che nasce da altre immagini. È il frutto di un processo che sottolinea la nostra capacità di creare la realtà partendo dal nostro immaginario. È una metafora dell’atto stesso di vedere.

Hideyuki Hishibashi – Présage
Parigi, Galerie Thierry Bigaignon
14 novembre – 21 dicembre 2019

Processo di composizione di un’opera di Hideyuki Ishibashi
Courtesy of Galerie Thierry Bigaignon
Présage – © Hideyuki Ishibashi
Courtesy of Galerie Thierry Bigaignon
Présage – © Hideyuki Ishibashi
Courtesy of Galerie Thierry Bigaignon

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